Lo sento... l'etereo richiamo di un gufo... sento che mi giunge con flebile tono in corpo, attraversando queste pareti di legno macero.
Sono le parole che sentenziano la mia rinascita.
Sono le parole che sentenziano la mia rinascita.
Schiudo le sottili palpebre, cercando invano un chiarore in quest’avvolgente tenebra che mi opprime... e l’impercettibile aria che respiro si disperde e fugge da me, lasciando che le costole si espandano e ritraggano invano.
Libero le mie braccia dal torpore in convulsi fremiti: i gomiti che urtano le pareti di questa prigione di legno, spaccandole in miriadi di schegge; le mani che sfiorano i luridi capelli, gli zigomi bruschi, le dita che irrompono fra le labbra sottili e scarnite; poi il petto, così vuoto ma così pesante sotto queste mie mani che continuano a scivolare in impeti iracondi, arrivando a lambire l’orrido elemento e fuggendone subito via.
Comprimo le dita violentemente, sferrando poi colpi verso l’alto ad abbattere il confine della morte, urlando con lugubri toni... spingendo con tutto il mio corpo verso un’eterna dannazione.
L’umida terra cede sotto i miei colpi, ammassandosi con i frammenti di legno ai miei piedi.Raggi freddi arrivano ai miei occhi... una luce che credo di aver dimenticato... una luce che mi ha colmato lo sguardo di un’antica e meravigliosa magia.
Avverto le lacrime... ma esse non scendono.
Solo il petto reagisce: il peso che prima avvertivo, ora è aumentato a dismisura.
Quella massa informe, nascosta sotto avvizzite carni, si contorce e mi tortura e mi controlla la mente...
Cado sulle ginocchia. Il volto mi si deforma in un disperato lamento che le mani tentano di coprire. Le unghie mi si conficcano nelle tempie... voglio che spariscano... quei ricordi.
Scene di un era felice... le vedo passarmi di fronte agli occhi.
Due volti, due cuori, due corpi che danzano insieme e si amano e si confortano sotto questa stessa luce, che ora mi pugnala alla schiena.
Troppo grande il dolore e troppo violenta la rabbia che ora mi attanagliano e mi soffocano e mi scorticano e mi spezzano.
Grido per l’ennesima volta, inondando il cielo nero con l’eco di parole come fossero ingiurie di un antico demone.
Tutta la furia, scaraventata via dalla mia bocca, si accende come un fuoco acido di fronte a me.
Mi immobilizza, cattura il mio sguardo.
Il mio braccio destro si solleva teso... il gomito si piega... la mano si apre... le dita macilente come artigli di un rapace.
Uno scatto lesto...
La mano conficcata nel mio petto...
Uno strappo deciso...
Eccolo... quel peso sulla mia mano... il suo calore, lo posso avvertire... il suo battere incessante.
Con avversione lo tengo fra le dita e lo osservo impassibile... come fosse la fonte di tutti i mali.
Lentamente protendo quel peso viscido verso le fiamme, figlie della mia collera.
Più è vicino alla sua fine e più pulsa.
Accelera... ancora... e ancora...
... sta impazzendo...
-Non implorare perdono... poiché quel dolore, che tu solo riesci a creare, non voglio più sopportarlo...-
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